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Come (quasi) vincere una Granfondo a (quasi) 45 anni: un'analisi tecnica ma non solo

maggio 13, 2025
Come (quasi) vincere una Granfondo <corto GF BGY> a (quasi) 45 anni: un'analisi tecnica ma non solo

Premesse

Questo articolo si prefigge di analizzare alcuni aspetti dell'allenamento e della gestione partendo da un evento recentemente svoltosi, la granfondo BGY dove inaspettatamente, considerando soprattutto la mia età, sono riuscito a piazzarmi secondo assoluto nel percorso corto dopo un’azione di fuga di più di 70 km con un gruppo ristretto di altri atleti.

Devo però iniziare da alcune premesse: la prima è che questa prima parte di stagione mi ha visto malauguratamente iniziare con un infortunio. Infatti, durante il campionato italiano ACSI di ciclocross ho avuto una caduta, di petto, inizialmente trascurata per la quale mi sono procurato una costola incrinata. Inizialmente il problema era gestibile in allenamento un po’ meno per quanto riguardava il sonno e il recupero; con il passare delle settimane però anche gli allenamenti si sono dovuti ridimensionare e per alcune settimane ho dovuto evitare elevate intensità.

La seconda premessa riguarda uno degli obiettivi di inizio stagione che è stato il campionato italiano ACSI gravel. La somma di queste due premesse ha necessariamente previsto la rimodulazione dei miei carichi di allenamento essenzialmente puntando ad una maggior continuità sulle intensità submassimali e riducendo parzialmente tutti i carichi più intensi con riferimento sopra Critical Power (rimando ad articoli su questo sito per approfondimenti su CP).

Nel concreto questa prima parte della stagione l'ho focalizzata sull'innalzamento della potenza sostenibile in LT1 ossia la “banda” di intensità in cui si passa da un dominio di sforzo blando a valori gradualmente più intensi cercando di massimizzare l'efficienza energetica (rapporto miscela grassi:glicogeno) e preservare l’utilizzo dalle riserve di glicogeno. Lo scopo dell'innalzamento della sostenibilità e/o dei valori in LT1 è quello di ampliare il più possibile il motore aerobico e la capacità di sostenere senza flessioni i valori di potenza nel tempo. Questa impostazione è anche frutto di un adattamento fisiologico legato all’innalzarsi dall'età. Mi è sempre più difficile, per esempio, “assimilare” elevati carichi “qualitativi” sopra CP o ripetere per più volte questi valori. Si entra quindi in un concetto fondamentale dell'allenamento, il rapporto costi benefici: sarebbe più utile cercare di lavorare sui punti deboli in flessione o cercare di migliorare dove ipoteticamente e soggettivamente sono maggiori i margini di miglioramento?

Poiché quindi il mio primo obiettivo stagionale era una gara discretamente diversa dalle cronoscalate a cui dedico il 90% nel mio calendario gare, ho optato per incrementare il più possibile potenza e sostenibilità in LT1, arrivando a valori per cui a 150 155 bpm (a fronte di un massimale ancora di 185-190 bpm) riesco a sviluppare tra i 280 e 295 watt. Ho quindi avvicinato in maniera abbastanza significativa LT1 a CP che attualmente si attesta a 325 330 watt. (Da 5-6 anni non faccio riferimento a zone arbitrarie ma uso come unici riferimenti LT1, CP, W’ e MMP5, quest’ultimo come valore identificativo di pVo2max)

Questa permessa un po’ tecnica è necessaria per capire poi come esperienza e gestione della gara oggetto di questo articolo siano necessariamente collegate a queste contingenze ossia l'infortunio di inizio stagione e una gara dove il profilo potenza richiedeva una continuità esecutiva senza particolari scatti e cambi di ritmo puntando invece al minor divario prestazionale tra inizio e fine gara.

Posso dire di aver raggiunto quell'obiettivo nell'italiano gravel poiché sia in condizioni meteo che hanno decisamente deteriorato e reso sempre più tecnico il percorso sono riuscito a mantenere tempi sul giro gestibili e costanti.

Primi 2 giri e mezzo su 6 di gara, italiano ACSI Gravel




Ritornando però sull'obiettivo di questo articolo potrei usare un detto anglosassone: “if life gives you lemons, make lemonades”.

Questa metafora suggerisce che bisogna adattarsi alle circostanze che capitano e cercare di trarne il massimo vantaggio. 

Sempre tornando a elementi concreti e pratici questi primi mesi dell'anno mi hanno visto molto meno focalizzato su eventi virtualmente “agonistici” (Zwift) è un po’ più focalizzato sull'incremento dei volumi sia in termini assoluti (kJ) che in termini relativi a LT1.


Media mobile kJ su 4 settimane. Sul perché la baseline è volutamente a 1600...sarebbe argomento di altri articoli


Gradualmente una volta centrato l'obiettivo di inizio stagione ho parzialmente aumentato le intensità attorno e sopra CP andando gradualmente a svolgere quello che per anni ho anche applicato negli atleti che ho seguito ossia applicare una polarizzazione di carico.

Anzi, potrei dire una doppia polarizzazione: cosa intendo con questo termine? Questo concetto descrive semplicemente due fasi di preparazione la prima in cui ci si focalizza su valori attorno a LT1 e nell'intorno inferiore di CP, la seconda in cui ci si focalizza su valori di carico inferiori a LT1 ma contemporaneamente uguali o superiori a CP.

Nel primo caso applicando per “intorno” di CP carichi in modalità 6’+1’ (utili per clearance lattato) o classici 2/3x20’.

La modulazione del carico di ciò che si può inserire sopra CP è estremamente soggettiva, sinteticamente descrivibile dalle variabili: età, esperienza di allenamento, capacità di adattamento e assimilazione di questo specifico carico e, non per ultimo, obiettivi.


Tapering pre gara (non cambia rispetto ad altre)

Una delle difficoltà maggiori per la GF BGY è che pur essendo a 1h di auto da casa richiede tempistiche abbastanza stringenti. Sveglia ore 3.40, arrivo a Bergamo per le 5, preparazione per mettersi in coda griglia (!) alle ore 6 che viene poi aperta alle ore 6.10… per poi attendere il via alle ore 7. La partenza, quindi, è a freddo dopo 1h in piedi.

La mia colazione e la fase di “tapering” pre gara non variano rispetto ad altre, cerco essenzialmente di dormire un po’ di più i giorni prima monitorando poi come sempre qualità del sonno e HRV. La colazione è identica a quella che precede altre gare mattutine, anzi è identica a quello che abitualmente faccio ogni mattina: oatmeal e caffè. Il “carbo” load svolto la sera prima preceduto da una fase di “mini dissociata” (= ridurre al minimo i cho nei gg di scarico).

Aspetti tecnici: bici, abbigliamento, cho

Il percorso corto è una gara relativamente breve ma estremamente intensa di <2h30, costituita essenzialmente da 2 cronoscalate e…con il passare degli anni sempre più intense “crono discese”. Il tutto raccordato da tratti quasi mai pienamente pianeggianti.

Nel dubbio tra ruote da 65mm e una classica combinazione 40+60mm usata anche gli anni scorsi ho optato per equipaggiare la mia Tarmac SL8 con la seconda combinazione. Questo mi permette di stare anche abbondantemente sotto i 7 kg. Rispetto alle gare in salita, vista la presenza delle discese ho però modificato l’assetto in sella abbassandola di 8mm e arretrandola di 3mm (la posizione del centro anatomico sella segue un arco, non una linea retta). Questo per cercare di rendermi un po’ più agevole la percorrenza dei minuti in discesa. La seconda discesa infatti (Selvino) è discretamente tecnica e contemporaneamente veloce.

Abbigliamento con casco Specialized Evade 3, copriscarpe aero e body. Fascia cardio Polar H9, pedali/PM Favero Assioma duo e Garmin 540.

Per praticità e comodità una flask con 80 g di maltodestrine in gel, 2 gel di scorta nella tasca. Nell’unica borraccia da 500ml ho inserito 50g di maltodestrine, 20 di fruttosio aggiungendo metà volume di acqua e metà di coca cola. Durante la gara ho utilizzato solo ¾ della borraccia.


Dal sito della GF BGY, il finale già in due (attraversamento Zogno?). Flask in tasca.


Cronologia+grafici (3 parti)

1. Partenza-Tribulina

Partenza fino a inizio Colle gallo (riferimento bar/incrocio strada vecchia)


Non avevo grandi aspettative per questa gara, parametri a riposo HRV/FC basale erano buoni ma poi ogni gara fa a sé. Il mio timore principale era commettere qualche errore o perdere tempo nelle discese.

HRV nei gg pre e post granfondo (le poche ore di sonno del 3 hanno messo in crisi anche il Garmin 😅)


La partenza è stata abbastanza regolare, generalmente più tranquilla e controllata del solito. Personalmente il primo strappetto della Tribulina è una mezza liberazione dopo tratti in gruppone a 45-50 Km/h dove tutti cercano/possono rimanere davanti. Su questo primissimo strappo poi in genere viene sempre scattata una fotografia che caratterizza questa gara con il gruppo allungato.


Questo in testa...penso di conoscerlo 

Non sapendo che vi erano già 2 (o 3?) atleti davanti in fuga, ho comunque fatto ciò che quasi sempre faccio qui cioè mi sono portato avanti e gestito il mio ritmo. Finito il primo più ripido tratto, con sorpresa, mi sono trovato inseguito da soli altri 4 atleti. Sono questi i momenti decisivi di una gara, non si parla nemmeno di secondi ma di decisioni istantanee. Era l’ora di dare il massimo e rischiare. La situazione era anche favorevole: compagni di fuga di spessore e tutti di squadre diverse. Non che nelle GF ci sia veramente un “gioco” di squadra o dinamiche veramente di questo tipo ma difficilmente, quando “ancora a vista” qualche compagno insegue uno dei “suoi” davanti.

L’azione è diventata subito interessante agevolata dalla strada senza troppi rettilinei che ha permesso di non dare il punto di riferimento a chi dietro. Nei rettilinei si è proceduto sempre con cambi regolari e in doppia fila senza particolari esitazioni. Non si sa come può comportarsi il gruppo dietro ma, evidentemente, pensando di poterci riprendere poi sulla seconda salita, ci ha lasciato un po’ andare. Tanto che il nostro vantaggio all’inizio della prima vera salita (Colle Gallo) era già di circa 45-50’’. 

2. Colle Gallo


Circa, perché questo vantaggio non ci è mai stato comunicato dalle moto staffette ma il primo tratto della prima salita mi ha permesso di “sentire”, più che vedere, da alcuni tornanti il distacco con il gruppo dietro.

Era prioritario non dare il punto di riferimento. Qui il ritmo, regolare e costante è stato impostato sempre da me fino al raggiungimento del più veloce dei fuggitivi ai meno 1500m dallo scollinamento. Altra priorità nel gestire il ritmo era quella di NON mettere in difficoltà i compagni di fuga ma cercare di proseguire compatti almeno fino ai piedi della seconda ascesa. E’ un sottile equilibrio ma evidentemente i compagni di fuga si sono “affidati” al mio ritmo per gestirlo. E così sostanzialmente è stato. Buon tempo di ascesa gestito con metà salita affrontata con il 52 davanti ma la seconda metà con il 36. Nelle precedenti edizioni tutto 52 fino al famoso tratto più impegnativo alla chiesa (circa -2Km allo scollinamento) dove altrettanto classico e prevedibile è, nel gruppo, un primo repentino cambio di ritmo.

Il ritmo è stato elevato anche dalla fine della prima veloce discesa (punta massima 80 Km/h a Dossello) fino a Nembro. Qualche tentennamento solo nell’ingresso paese perché qualcuno nella fuga, ora in 7, evidentemente pensava al real time salita (che prevede una classifica a parte). Prevedendo già che molti da dietro, più “freschi” senza l’azione della fuga nelle gambe, avrebbero fatto decisamente meglio di noi su questo specifico tratto cronometrato, non ho dato alcun peso a questo riferimento. Era giunto il tempo di non staccarsi (!) o…cercare di staccare gli altri ipotizzando che quasi tutti sarebbero poi stati sul percorso corto.

3. Selvino e finale


Selvino "fontanella"





Gli ultimi 18 Km

Due salite in successione, praticamente a ritmi massimali e senza particolare recupero tra loro sono sempre un’incognita sia per il recupero che per il profilo energetico. Avrò mantenuto un margine “di gestione” sufficiente? Sarò ok dal punto di vista glicemico/energetico? Lo scenario però, viste tutte le premesse, era ancora favorevole: a differenza di altri anni nel gruppo di testa con ritmi altalenanti e accelerazioni, ora mi era possibile mantenere un passo regolare e costante, sempre con l’incognita del gap col gruppo dietro ma credendo comunque nelle proprie possibilità. Aiutato per un buon 25% di questa salita da Calliari (poi secondo nel medio) il ritmo è stato sempre alto senza rallentamenti ma regolare. Il grafico (sopra), sia pure nella risoluzione “sgranata” di Strava è abbastanza evidente. A differenza poi degli anni scorsi non ho utilizzato il 52 davanti per tutta la salita (!) per poter rispondere a cambi di ritmo ma una volta iniziati i primi tornanti del secondo versante ho optato per il 36 e un’azione più fluida e regolare. Tutto questo mi ha permesso un mantenimento di un “margine” per il passaggio in paese (spesso sottovalutato ma può creare più gap che la salita stessa) e la discesa. Nel concreto invece di salire in 25’ alto-26’ (tempo notevole considerando quanto si fa come ritmi e intensità fino a quel punto) come gli anni scorsi, poter salire regolari in 27’ è stato più agevole (ma non facile!) in vista poi del finale. Non ho mai guardato né dietro per vedere se qualcuno si staccasse né il Garmin. A tal proposito c’è chi pensa che per gestire le gare sia così fondamentale incollare il naso a un dispositivo, in 2h20 l’avrò guardato forse 3 volte, solo in salita e solo per monitorare lap parziale potenza salita e FC. Per il resto tutto è stato gestito con le buone e care RPE (percezione dello sforzo). Il computer più raffinato e preciso che possiamo avere…è quello che più o meno tutti abbiamo tra le orecchie. Scolliniamo e con mia sorpresa siamo rimasti in 3. Siamo 2 per il corto e 1 per il percorso medio. Inizio a pensare che sia possibile un podio, però non bisogna cadere…e neppure forare e neppure avere altre sfortune…


Grazie a Nicola per il video, ultimi tornante Selvino (altri non in gara e/o categoria bici assistita)


Ultimo tornante Selvino

Inizia ora la discesa, questa in particolare non mi piace proprio: facile e con rilanci anche > 700W nella prima parte poi però ricca di semicurve che vanno però conosciute (anche dopo 15+ edizioni…non le ricordo tutte), a volte un po’ sporche e cieche. Nel canyon finale però ritorno a contribuire alla nostra fuga. Calliari giustamente non tira più deve risparmiare per il medio rimanendo poi da solo dal bivio di Bracca in avanti. Il ritmo non cala mai tanto che anche Cremaschi mi stacca leggermente proprio prima del bivio percorsi. Un po’ di tensione e la discesa e avverto un accenno di crampi al quadricipite dx, devo alleggerire un po’ la cadenza e ritornare a contribuire alla nostra fuga. Ormai siamo in due. Passano i Km e il timore di un problema tecnico è sempre più alto però ci siamo. Penso “meglio secondi che quinti” e i cambi sono sempre generosi, nessuno dei due fa il furbo; e poi penso che sia giusto così, la volata finale non è a mio favore ma 3° l’ho già fatto e per troppe volte (2) anche 4°.   


Finalmente una moto staffetta ci comunica il distacco, abbiamo 50’’ sugli inseguitori. Ma non sappiamo quanti sono potrebbero essere 2 come 15. E i Km che mancano non sono pochissimi e soprattutto mai di vera pianura, questo tratto è tutto lievi falsipiani al 2-3% sia a salire che a scendere. Dobbiamo tirare fino alle ultime curve. 

Sono 3 curve finali, la prima a 45° le altre 2 a 90° con l’aggiunta, quest’anno di una rotonda ai meno 100m dritti. Lascio entrare Cremaschi, non voglio rischiare cadute nelle ultime curve poi però arriva un po’ lungo alla successiva, lo infilo con una staccata che mi permette di incrociare le traiettorie ma poi c’è la rotonda, arrivo largo, controsorpasso e …posso solo arrivare dietro. Giusto così, non posso recriminare nulla, l’arrivo è così per tutti e anche studiandolo meglio non sarebbe quasi sicuramente cambiato nulla. Resta da un lato la soddisfazione di una prestazione da protagonista (iniziatore della fuga, “gestore” ritmi salita, non staccato in discesa…) …quasi sicuramente, per motivi anagrafici, l’ultima!


DATI RIASSUNTIVI GF BGY 2025







GARE 2024

agosto 18, 2024
GARE 2024

Riassunto dati Gare 2024
25 gare tra BDC/GRAVEL/MTB
3 vittorie assolute (12%)
5 secondi posti assoluti (20%)
19 vittorie di categoria ~quando/se prevista~ 40-44 anni (76%)



GARE 2023

maggio 27, 2023
GARE 2023





Video + foto arrivo Albino-Colle Gallo


GF BGY, Selvino





Alpo Extreme


BMM, Selvino


Maddalena






Mendola

Italiano Salita ACSI Oropa

Italiano ACSI Gravel Bardolino




 








Training Club 2023

dicembre 03, 2022
Training Club 2023

GARE 2022

settembre 20, 2022
GARE 2022

Osservazioni, raffronti e “spunti” biomeccanici dal Giro 2022

giugno 02, 2022
Osservazioni, raffronti e “spunti” biomeccanici dal Giro 2022

Questo articolo si propone di essere un breve proseguimento di questi precedenti, da leggere così da avere gli stessi riferimenti e non doverli quindi replicare:

- https://www.massarob.info/2012/11/servizi-di-biomeccanica-alcune.html
- https://www.bdc-mag.com/osservazioni-raffronti-e-spunti-biomeccanici-dal-tour/ 

In particolare sarà una raccolta di osservazioni, sul solco di quanto fatto con il secondo articolo sopra linkato.
Alla luce di questo ultimo Giro d’Italia (2022)
1) Cosa possiamo considerare dalla posizione in sella di alcuni dei protagonisti?
2) Quali sono le tendenze?
3) E’ possibile ricavare delle indicazioni anche per chi non è un professionista?



Osservazioni dai primi 5 della classifica generale
https://it.wikipedia.org/wiki/Giro_d%27Italia_2022#Classifica_generale_-_Maglia_rosa


HINDLEY

L’attuale mezzo del vincitore del Giro (https://road.cc/content/tech-news/jai-hindleys-giro-specialized-sl7-tarmac-and-shiv-2022-293203) al pari delle immagini televisive confermano 2 tra i trend più recenti:
- l’utilizzo, più diffuso rispetto al passato, di reggisella con 0 offset
- angolazioni sella negative, sia per maggiore libertà concessa dall’UCI (https://archive.uci.org/docs/default-source/equipment/clarificationguideoftheucitechnicalregulation-2018-05-02-eng_english.pdf articolo 1.3.014), sia per implicazioni “ergonomiche” che poi descriverò.

Il primo elemento vede posizioni tendenzialmente (MA NON in forma unanime) più avanzate e basse, con altre piccole modifiche che elencherò di seguito. La motivazione spesso addotta a questo approccio è quello
a) di aprire l’angolo tra PMS (punto morto superiore) e busto, al pari di quanto ricercato con la posizione da crono
b) agevolare una maggiore rotazione del bacino con possibile (ma non sempre possibile/necessario) abbassamento dell’altezza manubrio
c) eventuali (ed estremamente marginali, se si rimane nell’ambito di pochi mm) vantaggi aerodinamici

Il secondo elemento, personalmente messo in atto da anni per favorire ancora gli elementi appena descritti, è una scelta dettata anche dalla conformazione di molte selle attualmente in commercio. Se messe “in bolla” creano un effetto “culla” accentuato con incremento della pressione perineale. Inoltre sembrano esserci -ancora marginali- vantaggi (come già in precedenza avevo riscontrato personalmente), esempio https://osf.io/preprints/sportrxiv/a7c9q/

Volendo trovare elementi “negativi” a questa impostazione, questi sono visibili anche (ma non solo) nell’azione di Hindlay: sotto sforzo, anche con una sella tendenzialmente ad altezza neutra (se non tendente all’essere “bassa”) l’atleta ha un maggiore scivolamento verso la punta della sella e un maggior carico su arti superiori e mani.
L’aspetto positivo però è, di contro, il fatto che un’altezza sella tendente all’essere “conservativa” per altezza riduce problemi di asimmetria di spinta e favorisce una maggiore stabilità del bacino.
Concetti che possono essere ulteriormente approfonditi in questa ottima serie di video: https://youtube.com/playlist?list=PLL1_j_gcxtpxJ-b9ptUikhStxEvkm1V7E

Tornando ancora a Hindley, cosa possiamo desumere?
- che il suo approccio sia “moderno”: 1) con una statura nella “media” (175 cm) adotta zero offset reggisella, una sella centrata sul carrello ( = con un reggisella con offset sarebbe completamente avanti) e un’inclinazione sella negativa che lo proietta ad una antiversione del bacino con ottima stabilità/simmetria di appoggio (evidentemente aiutata anche da buone capacità di “core”)
2) appoggio arti superiori avanzato ma non in eccessiva trazione, buona simmetria di spinta anche se con una tendente deviazione all’esterno del tallone sinistro. Non ho trovato foto specifiche sull’impostazione tacchette (gialle Shimano = con massima libertà angolare+laterale) ma sembra anche in questo caso riprendere la tendenza ad avere un arretramento più marcato rispetto a quanto veniva fatto in passato.

PERCHE?
Anche su questo aspetto si trovano tutte le implicazioni e motivazioni nel link alla playlist video di sopra: resta il concetto basilare che, con le attuali suole rigide, decade totalmente il senso di dover usare la prima testa metatarsale come qualsivoglia “riferimento” per la “leva piede”. Non pedalano (i pro) né pedaliamo noi non pro con suole di gomma quindi il posizionamento del centro perno pedale ha la sola funzione di incrementare (o ridurre)
a) il lavoro di stabilizzazione del piede a carico di gemelli e soleo QUANDO SEDUTI
b) promuovere (o parzialmente attenuare/ritardare) l’azione propulsiva di spinta sempre di questi muscoli QUANDO IN AZIONE IN PIEDI sui pedali. Motivo per cui, escludendo alcune specifiche categorie (sprinter, velocisti) la tendenza è quella di arretrare la posizione della tacchetta con perno interposto tra prima e quinta testa metatarsale o anche all’altezza o posteriormente anche alla quinta. Questo approccio richiede però una maggior attenzione al sostegno plantare -ma mi sto già dilungando troppo su questa “parentesi”.

Tornando all’impostazione tacchette, questa nasce da un semplice ragionamento costi-benefici: prova a pedalare appoggiando solo la punta del piede sul pedale. L’azione della gamba (anatomicamente ginocchio-caviglia) funge quasi esclusivamente da stabilizzatore del piede. Solo in massima spinta neuromuscolare (e in massima estensione dell’arto = in piedi da sella) questi muscoli svolgono anche un’azione effettivamente propulsiva.
L’attuale tendenza ad un maggiore arretramento delle tacchette tiene conto di questa evoluzione tecnica (suole rigide= il piede non funge da perno come con suole cedevoli) e la possibilità quindi, se l’atleta ha come obiettivo uno sforzo protratto, prolungato e ripetibile, di ridurre di carico di stabilizzazione (non efficiente e non utile alla propulsione) e ridistribuire il carico muscolare anche alla catena muscolare posteriore.
Di contro posizioni molto arretrate (quasi) annullano l’azione di soleo e gastrocnemio e impediscono azioni di rapido cambio di ritmo, situazioni sempre presenti in una gara su strada (motivo per cui è una posizione consigliabile solo per lunghe distanze o situazioni di espressione di potenza erogata senza necessità di accelerazioni).

Questo ulteriore passaggio giustifica e “chiude” il cerchio su quello che possiamo osservare ora in molti atleti: posizioni più avanzate+maggiore antiversione del bacino+maggiore arretramento tacchette+maggiore distribuzione del carico muscolare su tutto l’arco di spinta+riduzione dell’azione propulsiva “a stantuffo” cercando una maggiore uniformità di spinta.
Tutto questo ha anche ulteriori implicazioni legate ai rapporti, e di conseguenza cadenza, ora adottate rispetto a posizioni (e periodi) più “arretrati” e spinte più “a stantuffo”.

Il vincitore del Giro inoltre è spunto di un’altra osservazione: quasi tutti, se non tutti gli atleti, ma il discorso è trasversale anche per chi professionista non è…una volta in sella ha una fisionomia e morfologia che lo contraddistingue in modo evidente.

Prova a cercare le foto di Hindley sulla Cervelo R5 usata nel 2020 (esempio)…l’impostazione è identica, è riconoscibile su altri compagni in maniera inequivocabile. Lo stesso si può fare con qualsiasi altro atleta ma anche nella nostra esperienza. Sarà capitato a chiunque di riconoscere una persona in sella semplicemente da come pedala, da come impostata. Il concetto mi serve per identificare quanto già fatto negli articoli sopra indicati: ognuno di noi ha caratteristiche anatomiche, funzionali (es. flessibilità) e morfologiche che lo contraddistinguono. Ne consegue che ognuno di noi ha anche diversi gradi di adattamento ad una postura forzatamente simmetrica (bicicletta) che contrasta con la fisiologica (e/o funzionale/non funzionale) asimmetria del nostro corpo. Non esiste una regola di posizionamento replicabile solo per grandezze anatomiche: statura, altezza cavallo, ecc ecc... indipendentemente dal numero di queste variabili "geometriche". Questi parametri NON sono sufficienti.
Anche questi atleti, tutto di medesimo (massimo) livello lo dimostrano!
Inoltre anche nel corso degli anni (e in atleti, per esempio, che hanno un calo/incremento ponderale i tempi sono notevolmente accelerati) un’impostazione biomeccanica in un *intervallo* accettabile…può non esserlo più a distanza di pochi mesi/anni. La nostra struttura muscoloscheletrica (e neuromuscolare) si evolve (o regredisce) continuamente. Quando parliamo di biomeccanica dobbiamo ragionare in un’ottica di *intervallo* di posizionamento, non nello spaccare il millimetro (questo farà storcere il naso a molti amatori, notoriamente una categoria borderline per OCD…).

Concludendo su Hindley, racchiude, ma già lo ha dimostrato con l’impostazione di 2 anni fa, tutte le tendenze di posizionamento più “recenti”. Sono queste le migliori, solo perché più recenti? La risposta è come sempre...dipende...dipende da come/se tali impostazioni possono essere adattate dal/adottate sul SINGOLO. Non esiste una biomeccanica per "astratto" e tanto meno pre confezionata. In quel caso la definizione è meccanica in sella, escludendo tutta la componente bio (flessibilità, asimmetrie, obiettivi, ecc ecc...) del singolo.

CARAPAZ
L’oro Olimpico di Tokyo si caratterizza per una posizione anche più aggressiva in avanzamento rispetto a Hindley sia pure con una altezza sella meno “bassa” (cfr. angolo a PMI tra i 2) in proporzione all’angolo in massima estensione.
In particolare nella tappa di Torino, così come in altre fasi di attacco, lo si è visto più volte in punta di sella, anche più avanzato del rivale australiano. Questo accentuando la chiusura nell’angolo tra braccio e busto ma anche creando una maggiore instabilità nel bacino-tratto lombare. Quando in difficoltà (Marmolada) questi elementi sono emersi marcatamente con una maggiore propensione alla disarmonia forse accentuata anche da un aumentato carico a livello di quadricipite, tendenza a scivolamento in avanti: probabile avanzamento tacchetta sella non sufficiente a stabilizzare i due precedenti elementi.
Anche nel suo caso però queste peculiarità erano già visibili anche in sella alla Canyon che lo ha portato vincitore nel 2019 confermando come anche cambiando mezzo…impostazioni e posizionamento sono molto spesso non marcatamente modificabili (o anzi si cerca volontariamente di riportarli pari pari, esempio con Nibali di seguito). 

LANDA

Anche lo spagnolo, nell’arco degli anni, ha mantenuto una posizione che ben lo caratterizza: tendenzialmente basso (evidentemente per favorire una maggiore stabilità) in sella, massimizzare drop sella-manubrio MA senza cercare un avanzamento come gli atleti appena descritti. Una posizione quasi “retrò” in rapporto appunto ad altri atleti. Non viene cercata una antiversione del bacino ma una posizione neutra quando in presa sulle leve o sulla parte dritta del manubrio (sempre più rara ma Landa è uno dei pochi a adottarla ancora). In attacco e fuorisella, l’azione si abbassa ulteriormente anche con la presa bassa; anche questa caratteristica ormai rara. E’ infatti uno dei pochi atleti di alto livello a usare “per intero” le prese manubrio. Interessante la posizione tacchette, poca luce tra scarpa e pedivella e senza evidenti “accomodamenti” e differenze tra sinistra e destra pur usando le Shimano con maggiore libertà angolare-laterale.

NIBALI
Su Nibali riprendo essenzialmente quanto osservato anni fa nell’articolo in testa. Resta un atleta di massimo livello con una posizione classica: arretramento neutro-tendente all’accentuato, minor dislivello manubrio sella sempre rispetto ad altri. Una posizione riportata anche negli anni come qui documentato.
Rispetto al precedente articolo le uniche modifiche visibili in maniera “dinamica” sono una migliore/maggiore neutralità nell’inclinazione del piede sia nella visione frontale (migliore stabilizzazione arco plantare?) che laterale (rispetto al 2014 forse un lieve abbassamento sella).
Gli anni hanno portato inevitabilmente ad accentuale le fisiologiche asimmetrie in spinta: una maggiore rotazione del capo (qui le teorie implicano anche una dominanza visiva con una naturale propensione quando siamo sotto sforzo a aumentare il focus visivo con un occhio rispetto all’altro) e un’incrementata apertura dell’angolo del gomito, accentuata anche dal rimanere su un’ampiezza manubrio a) superiore a quella di molti colleghi b) più visibile rispetto ad altri colleghi come conseguenza di un minore drop sella-manubrio ( = maggior effetto “schiacciamento”= si allargano le braccia).

BILBAO
Caso raro di modifica evidente in sella, almeno dal punto di vista “estetico”. Quasi inguardabile prima del 2022 con un andamento “a biscia” di schiena, bacino, spinta degli arti, andamento costantemente a S della ruota anteriore in salita. La conferma vivente che il motore, quando W/Kg fanno da padrona, è l’elemento predominante della prestazione…anche pedalando così.
Risulta ora più composto in sella, meno contratto, contorto e “al limite”. Elementi per altro che erano già visibili anche a intensità ridotta: https://www.youtube.com/watch?v=FjlI3U5wRb0
A livello macroscopico non sembrano esserci stati interventi particolari, ipotizzo però una riduzione nel drop sella-manubrio (volontaria o meno come riduzione altezza sella), una maggiore neutralità dell’angolo del bacino (prima in retroversione), una incrementata stabilizzazione dell’arco plantare e un lavoro invernale evidentemente proficuo di “core” dove prima vi erano parecchie lacune. Non piccoli dettagli se consideriamo il livello di questi atleti.

ALTRI, degni di citazione

MVDP: posizione medio-avanzata sì, come da “trend” ma abbinata ad un’altezza sella che in alcuni frangenti sembra eccessiva. Vero che questo agevola una minor flessione nel PMS del ginocchio (problema precedente) ma si ripercuote con un maggior carico a livello lombare (problema più recente).

CHARTY: il lungagnone britannico mantiene un “difetto” biomeccanico spesso visibile a livelli amatoriali ma raro da riscontrare tra i pro: uno “scatto” della caviglia, sotto sforzo, a ogni PMI, più accentuato nel piede sinistro. Questo sommato ad un andamento “a 8” e quindi instabilità nel tracking del ginocchio (più visibile a sinistra che a destra).
L’esempio in questo caso, ancora una volta, come il corpo umano si adatti a dismetrie e asimmetrie per mantenere l’obiettivo di performance e che la “bellezza” stilistica e/o tecnica è secondaria, evidentemente anche a questi livelli, se si rimane nell’intervallo ottimale di efficienza/economia/efficacia del singolo atleta.

POZZOVIVO: il veterano atleta ha da sempre avuto un’impostazione particolarmente bassa in sella, ora accentuata (e ricercata?) come elemento di compensazione anche a gravi infortuni e incidenti. Avanzamento e scivolamenti in sella, sia pure bassa, però marcato in questo specifico caso da una minore stabilità del piede (tacchetta avanzata) con ulteriore sovraccarico alla catena anteriore (quadricipite): in questi casi l’azione di questo potente muscolo tende a “tirare” l’atleta in avanti, anche in situazioni come questa dove l’altezza sella non è eccessiva (anzi, al contrario).